GENETICA E MALATTIE EREDITARIE

Scheda di Sofia Manuella e Valentina Forconi

 

LE TEORIE SULL'EREDITARIETA'

I tentativi di spiegare l’ereditarietà risalgono ai tempi dell’antica Grecia.

Ippocrate suggerì una soluzione definita pangenesi: secondo la sua teoria alcune particelle chiamate "pangeni" sono presenti in tutto il corpo e si trasmettono dai genitori ai figli.

Aristotele rifiutò questa teoria poiché la considerava estremamente semplicistica, ed al contrario affermò che quello che viene trasmesso è la potenzialità di riprodurre certe caratteristiche corporee, non le particelle che sono alla basa di tali caratteristiche.

Oggi siamo certi che la pangenesi è totalmente sbagliata, ma tale teoria è stata considerata come potenzialmente valida sino al diciannovesimo secolo, quando, studiando i modelli di ereditarietà delle piante ornamentali, gli scienziati stabilirono che la prole derivava i caratteri genetici da entrambi i genitori. Questa ipotesi è nota col nome di "mescolanza" e fu considerata valida per buona parte del secolo, fino a quando si dimostrò invece inattendibile in quanto non spiegava come alcuni caratteri potessero sparire per una o più generazioni e poi riapparire improvvisamente.

 

NASCITA DELLA GENETICA MODERNA

Quell’ala della scienza che noi chiamiamo genetica moderna, ebbe inizio intorno al 1860, quando il monaco agostiniano Gregor Mendel ne stabilì i princìpi fondamentali.

Mendel dimostrò che i genitori trasmettevano ai propri figli, fattori ereditari distinti tra loro e che questi ultimi (niente meno di ciò che noi chiamiamo geni) rimangono separati, generazione dopo generazione. Le teorie di Mendel sono un importante caposaldo nella storia della genetica.

 

LA SCOPERTA DEL DNA

Le nostre conoscenze relative al DNA vero e proprio sono abbastanza recenti. Cento anni fa si sapeva che nelle cellule c’era questa sostanza ma se ne ignorava la funzione che fu scoperta solo nel 1928 da Frederick Griffith, dopo una lunga serie di esperimenti su una specie di batterio che provoca la polmonite.

Verso la fine degli anni Trenta ulteriori studi sperimentali dimostrarono che alla base dell’ereditarietà c’era un particolare tipo di molecola. L’attenzione si spostò quindi sullo studio dei cromosomi. Gran parte dei ricercatori concordavano nel pensare che alla base dell’ereditarietà ci fossero la proteine, in quanto queste sono formate da 20 tipi di molecole base e non solo da quattro (DNA). Questa soluzione era talmente convincente che, anche nel 1944, quando si scoprì definitivamente che alla base di tutto il materiale ereditario c’era il DNA, la comunità scientifica rimase molto dubbiosa.

Nel 1952 i biologi americani Alfred Hershey e Martha Chase eseguirono uno degli esperimenti più convincenti utilizzando il batteriofago T2 e dimostrando che il suo materiale genetico è proprio il DNA.

Una volta accertato questo, i biologi cominciarono una lunga serie di esperimenti finalizzati a conoscere più a fondo le unità di base degli acidi nucleici e per determinare la precisa relazione tra la struttura del DNA e il suo ruolo nella trasmissione dell’informazione ereditaria.

Tra gli scienziati che lavoravano coloro che avevano raggiunto già dei buoni risultati si ricordano Linus Pauling in California e Maurice Wilkins e Rosalind Franklin a Londra.

Tuttavia furono due scienziati semi-sconosciuti dell’epoca a centrare il bersaglio: l’americano James D. Watson e l’inglese Francis Crick.

All’Università di Cambridge grazie ad una foto ottenuta dalla Franklin, con la cristallografia a raggi X, venne dedotta la forma ad elica del DNA, il diametro di circa 2nm e la distanza tra le basi azotate pari ad 1/3 di nm. Gli studi continuarono ed i risultati più importanti, come le coppie di basi azotate, i legami chimici, la forma a doppia elica, si devono a Watson e Crick che nel 1953 stupirono il mondo pubblicando sul Nature una relazione di 2 pagine.

Grazie agli studi dei due scienziati è stato possibile sia capire come l’informazione genetica contenuta in un cromosoma è codificata nella sequenza nucleotidica della molecola, sia fornire una spiegazione molecolare a proprietà peculiari della vita come la riproduzione e l’ereditarietà.

Oggi la tecnologia del DNA è chiaramente molto più avanzata ed è applicata sia in campo scientifico che in campo giudiziario, con la tecnologia del "DNA fingerprint" (impronta digitale del DNA).

 

LE MALATTIE EREDITARIE

Uno dei più importanti campi di interesse della moderna genetica umana è costituito dallo studio delle malattie o disturbi ereditari per quanto riguarda i meccanismi d'insorgenza, le modalità di trasmissione, le tecniche di individuazione precoce e di prevenzione.

È opportuno considerare che oltre un quinto delle sostanze di natura proteica presenti nell'organismo umano compare con caratteristiche che in qualche maniera differiscono da quelle tipiche della stragrande maggioranza della popolazione.

Questo notevolissimo grado di variabilità genetica, o polimorfismo, all'interno della popolazione "normale", giustifica, in larga misura, le variazioni naturali che hanno luogo nelle caratteristiche somatiche e psichiche dei singoli individui, dall'altezza all'intelligenza, alla pressione arteriosa e così via. Inoltre queste differenze genetiche determinano marcate diversità nella capacità di ogni singolo individuo di affrontare gli stimoli e le condizioni ambientali esterne, comprese quelle capaci di causare uno stato morboso.

Di conseguenza, sotto quest’aspetto, ogni malattia può essere considerata come il prodotto risultante dall'interazione tra un dato corredo e assetto genetico e l'ambiente esterno. Le malattie genetiche vengono usualmente distinte in tre gruppi: le anomalie cromosomiche, che comportano la mancanza, l'eccesso o l'assetto anomalo di uno o più cromosomi; le malattie ereditarie semplici, causate dalla presenza di un singolo gene mutante; le malattie genetiche multifattoriali, causate dall'interazione tra più geni e molteplici fattori esogeni o ambientali.

 

ANOMALIE CROMOSOMICHE

Il corredo cromosomico di ogni individuo (cioè il numero e la struttura dei cromosomi) può essere studiato mediante opportune metodiche di laboratorio, che consentono di identificare con precisione ogni singolo cromosoma mediante speciali tecniche di colorazione del materiale del DNA o con la microscopia a fluorescenza.

Analoghe indagini possono essere compiute sul materiale cellulare fetale prelevato con speciali tecniche (amniocentesi, fetoscopia, prelievo di villi coriali) al fine di identificare il più precocemente possibile la presenza di eventuali anomalie cromosomiche. Queste possono riguardare il numero dei cromosomi o la loro struttura.

Tra le alterazioni del numero, le più frequenti sono rappresentate dalla trisomia (presenza di 47 cromosomi), dalla monosomia (45 cromosomi) e dalla triploidia (69 cromosomi); il cromosoma in eccesso o mancante può derivare sia dal padre sia dalla madre e riguardare sia la serie degli autosomi (per esempio, la trisomia 21, che dà luogo alla sindrome di Down), sia quella sessuale (per esempio, la trisomia XX, o XXX). Solo alcune forme di trisomia o monosomia sono compatibili con la sopravvivenza del feto, mentre la maggioranza è causa di morte intrauterina, così come per la triploidia.

I meccanismi responsabili di queste alterazioni numeriche sono certamente molteplici: per esempio, l'età della madre o l'esposizione della madre a radiazioni ionizzanti. Le alterazioni strutturali dei cromosomi sono prevalentemente rappresentate da fenomeni di traslocazione, in seguito ai quali il materiale cromosomico va incontro a particolari riarrangiamenti con formazione di cromosomi diversi dall'originale.

Non di rado queste anomalie sono ben compensate all'interno del genoma e vengono trasmesse di generazione in generazione senza produrre effetti clinicamente evidenti; in altre situazioni, invece, questi fenomeni sono così importanti da dare origine al concepimento di embrioni con genomi sbilanciati, che si manifestano nel soggetto interessato con particolari malattie o disturbi, quali il ritardo mentale, il ritardo dello sviluppo somatico, malformazioni cardiache o a carico delle orecchie, del naso, della bocca, delle dita ecc.

 

LE MALATTIE EREDITARIE SEMPLICI

Le malattie ereditarie semplici sono causate dalla trasmissione di un singolo gene sottoposto a " mutazione ", cioè a una modificazione della sequenza del DNA. Tale trasmissione può avvenire per via autosomica dominante o per via autosomica recessiva, oppure può essere legata al sesso.

Il termine "dominante" indica che l'avvenuta mutazione ha una tale espressività da dare luogo a manifestazioni cliniche anche in soggetti che presentano tale anomalia su un solo cromosoma, cioè anche in condizione di eterozigosi (in altri termini che presentano un solo allele anomalo, mentre il corrispondente è normale). Il termine "recessivo" indica che la condizione diviene clinicamente manifesta solo quando l'anomalia è presente in ambedue gli alleli (omozigosi).

Si parla di "via autosomica" quando l'allele interessato è situato su uno dei 44 cromosomi della serie autosomica, mentre la trasmissione si dice "legata al sesso" quando il gene responsabile è situato sul cromosoma sessuale X. Quest'ultima caratteristica fa sì che il rischio e la gravità clinica delle affezioni trasmesse per questa via siano differenti nei due sessi: in particolare le malattie ereditarie legate al sesso, di tipo recessivo (nella madre), si presentano pressoché esclusivamente nei figli maschi (per esempio, è questo il caso dell'emofilia A).

Le caratteristiche generali delle malattie trasmesse per via autosomica sono le seguenti: ogni soggetto affetto ha un genitore ugualmente colpito e può dare origine a figli sani o malati con eguali probabilità; i figli sani di un genitore malato hanno solamente figli sani: i due sessi sono colpiti nella stessa proporzione; la condizione patologica si trasmette verticalmente di generazione in generazione.

Le malattie autosomiche recessive si manifestano clinicamente solo nello stato omozigote, quando entrambi gli alleli sono interessati alla mutazione.

Dal punto di vista genetico, la relativa rarità dei geni recessivi nella popolazione e la necessaria presenza di due geni anomali per dare luogo all'espressione clinica della malattia fanno sì che questa modalità di trasmissione richieda particolari condizioni: se entrambi i genitori sono portatori dello stesso gene recessivo i figli avranno il 25% delle probabilità di essere normali, il 50% di essere portatori eterozigoti (avendo un solo allele mutante), il 25% di essere omozigoti e quindi affetti dal disturbo; se due soggetti con la stessa malattia recessiva si sposano tra loro, tutti i figli ne saranno affetti; se un soggetto affetto sposa un soggetto eterozigote, i figli avranno il 50% delle probabilità di esserne affetti. Il matrimonio tra consanguinei accentua evidentemente il rischio, in quanto più facilmente si possono incontrare soggetti portatori di geni mutanti recessivi.

Le malattie autosomiche recessive sono la fenilchetonuria, la fibrosi cistica (o mucoviscidosi), l'anemia falciforme (o drepanocitosi), la beta-talassemia, l'albinismo, la malattia di Wilson, l'omocistinuria, l'enfisema ereditario (per deficit di alfa-1-antitripsina).

Nelle malattie ereditarie legate al sesso i geni anomali sono localizzati sul cromosoma sessuale X e di conseguenza il rischio clinico e la gravità della malattia sono diversi nei due sessi. Dato che il maschio presenta un solo cromosoma X, la presenza di un gene mutante dà luogo inevitabilmente alla manifestazione clinica morbosa, indipendentemente dall'espressività (recessiva o dominante) del carattere.

Le malattie ereditarie legate al sesso non possono essere trasmesse da maschio a maschio, cioè dal padre al figlio, mentre il padre le trasmette a tutte le figlie. Nell'albero genealogico della famiglia la distribuzione delle malattie legate al sesso è diversa a seconda che si tratti di caratteri recessivi o dominanti (nella donna): nel primo caso, la malattia colpisce solo i maschi nati da madri portatrici (clinicamente sane), mentre nel secondo il disturbo è presente tanto nei maschi quanto nelle femmine nati da madri affette, oltre che nelle femmine nate da padri affetti.

Le principali forme ereditarie legate al sesso di tipo recessivo sono l'emofilia A, la distrofia muscolare tipo Duchenne, il deficit di glucosio-6-fosfato-deidrogenasi, la cecità per i colori. Tra le forme morbose legate al sesso dominanti hanno una certa importanza clinica lo pseudoipoparatiroidismo e il rachitismo resistente alla vitamina D.

 

MALATTIE GENETICHE MULTIFATTORIALI

In questo gruppo vengono compresi numerosi quadri morbosi (solitamente di carattere cronico-degenerativo, a carico degli adulti), quali l'ipertensione essenziale, le malattie coronariche, il diabete mellito, l'ulcera peptica, alcuni disturbi mentali, che caratteristicamente presentano un andamento familiare e i cui meccanismi patogenetici comprendono una serie di geni (più o meno alterati) che interagiscono in maniera cumulativa fino a dare luogo alla manifestazione clinica. In altri termini, la componente ereditaria di queste affezioni si manifesta nell'interazione di molteplici fattori "predisponenti" (su base genetica) con fattori multipli ambientali.

Dato che il numero esatto dei geni responsabili di questi tratti poligenici non è noto, è assai difficile calcolare con precisione il rischio che un soggetto corre di ereditare una certa condizione morbosa. L'ipotesi della componente poligenica nell'ereditarietà delle malattie multifattoriali ha ricevuto negli anni recenti un solido supporto dalla dimostrazione che almeno un terzo di tutti i loci genici ospitano alleli polimorfi che presentano un'ampia variabilità nei singoli individui. Questo fenomeno giustifica la variabilità della risposta individuale nell'interazione con i fattori ambientali.

Attualmente sono ben note alcune associazioni tra la predisposizione a sviluppare particolari malattie e specifici assetti genici destinati al controllo del sistema dell'istocompatibilità (il cosiddetto sistema HLA, Human Leucocyte Antigen, costituito dal corredo antigenico presente sulla superficie dei leucociti e delle cellule corporee, e che consente al sistema immunitario di ogni individuo di distinguere il proprio patrimonio somatico da quello degli altri soggetti).

È stato per esempio, dimostrato che la presenza di determinati alleli nei loci HLA predispone il soggetto allo sviluppo di alcune specifiche malattie, quali la spondilite anchilosante, la psoriasi, l'epatite cronica attiva, la miastenia grave, il diabete mellito, l'ipertiroidismo, il morbo di Addison ecc.

In altri casi, l'assetto genico predispone all'insorgenza di quadri morbosi come la palatoschisi, le cardiopatie congenite e coronariche, l'epilessia, l'ipertensione, le affezioni della tiroide, mentre in altre circostanze si possono osservare reazioni abnormi in seguito all'esposizione a sostanze o farmaci (come nell'intolleranza all'insoniazide o agli anticoagulanti orali o come nel caso dell'ipertermia maligna e così via).

 

LA CONSULENZA GENETICA

Molte delle alterazioni genetiche possono essere efficacemente evitate attraverso la prevenzione. Elemento essenziale della prevenzione è l'identificazione dei soggetti in grado di dare origine a genotipi anomali (individui portatori di geni mutanti dominanti o legati al cromosoma X, o di traslocazioni cromosomiche, o ancora partner entrambi portatori di geni recessivi negativi).

Nella gran parte dei casi il sospetto diviene evidente alla nascita di un figlio (o di uno stretto parente) affetto da un particolare disturbo: si tratta in questo caso di eseguire un'indagine genetica "retrospettiva", per verificare la diagnosi e valutare il rischio relativo, cioè le probabilità esistenti che un figlio successivo possa essere ugualmente affetto dall'anomalia in questione.

Questa stima appare relativamente semplice per le affezioni trasmesse per via autosomica recessiva o legata al sesso, mentre risulta assai più complessa per le forme trasmesse per via autosomica dominante o secondo meccanismi multifattoriali.

Un altro importante aspetto della prevenzione eugenetica consiste nella consulenza "preventiva", che consente di identificare i soggetti portatori di possibili difetti genetici prima che abbiano dato alla luce un figlio affetto dal disturbo. Per ottenere questo obiettivo è essenziale identificare i soggetti eterozigoti (per un determinato gene anomalo) mediante procedure di screening di massa; i soggetti così identificati devono essere opportunamente istruiti sul potenziale rischio cui vanno incontro in caso di matrimonio con un soggetto portatore della stessa anomalia genica.

In questi casi appare assolutamente necessaria un'accurata indagine prematrimoniale sui due soggetti, in vista di una futura procreazione. Attualmente è possibile identificare mediante operazioni di screening sulla popolazione numerose affezioni autosomiche recessive come la talassemia (o anemia mediterranea), l'anemia falciforme, disturbi del metabolismo, che compaiono con particolare frequenza all'interno di certi gruppi etnici.